Oggi ho deciso di raccontarvi di me, di un’esperienza che mi ha segnata, spaventata e che ha rappresentato per me la prima vera grande preoccupazione mai affrontata. Decido di scrivere qui per poter essere, nel mio piccolo, di supporto a tutti coloro che hanno vissuto o vivono la mia stessa esperienza. Mi riferisco all’ operazione di emitiroidectomia (asportazione di metà tiroide) subita nel 2018.
Una delle domande più frequenti che mi viene posta da amici e conoscenti è: “ma come hai scoperto di avere un problema tiroideo?”. Assolutamente per puro caso.
Sono solita effettuare ogni anno diversi controlli (ecografie, esami ematochimici etc.), ma non so per quale assurdo motivo quello della tiroide lo posticipavo di continuo.
Forza e coraggio, arriva il fatidico giorno in cui dopo anni faccio la prima ecografia. Ricordo bene quel momento ed anche l’espressione del medico: “Benedetta, hai un nodulo vascolarizzato di 2 cm”. Io? Proprio io? Non sapevo esattamente cosa significasse, non sapevo cosa mi sarebbe aspettato dopo. (Vi lascio immaginare il mio stato d’animo in quel momento e nei giorni successivi!)
Nella stessa settimana riesco ad effettuare il primo ago aspirato… risultato: si trattava di un nodulo “border line” che doveva essere tenuto sotto controllo nel tempo.
Tiro a quel punto un sospiro di sollievo, festeggio la santa Pasqua (si, tutto è successo a ridosso di quel periodo) e dopo essermi rivolta ad un endocrinologo, inizio una terapia farmacologica per impedire al nodulo di crescere. (ah, ho dimenticato di dirvi che i valori degli ormoni e degli anticorpi tiroidei sono sempre stati buoni)
Dopo sei mesi ho effettuato il secondo agoaspirato. Esito: le dimensioni erano sempre uguali, ma lo stato generale si era leggermente aggravato. A quel punto, dopo aver consultato diversi medici, è stata presa in considerazione la possibilità di procedere con l’operazione dato che, tra l’altro, se il nodulo si fosse ingrandito, avrebbe potuto crearmi problemi nella deglutizione.
Ansia, preoccupazione, consapevolezza ed incertezza erano tutte sensazioni che mi hanno accompagnata in quei mesi.
Mi rivolgo allora ad uno degli ospedali di Napoli più adatti alla mia situazione; mi inseriscono in lista d’attesa, mi sottopongono a tutti gli accertamenti e dopo 4 mesi arriva finalmente la telefonata: “La settimana prossima sarai operata”. E se chi mi è stato vicino in quei giorni è sopravvissuto, potrà davvero sopravvivere a tutto!
L’operazione è andata bene (il nodulo era benigno), la convalescenza anche. Nei giorni successivi mi sentivo debole, ma era normale fosse così.
Pian piano ho ripreso le mie abitudini, ho ricominciato ad uscire portando un foulard attorno al collo per proteggere la cicatrice dai raggi solari. Perché si, l’unico segno di quel particolare anno che continuo a portare con me è una cicatrice nella parte bassa del collo. Ma sapete una cosa? Non ho alcun problema a mostrarla, non me ne vergogno affatto sebbene mi renda conto che lo sguardo delle persone che mi parlano spesso cade proprio su quel segno.
Ho voluto condividere con voi questa piccola parte della mia vita perché nonostante tutto sono stata fortunata. Perché la mia è stata una situazione semplice, perché ad oggi l’unica cosa che è cambiata nella mia vita è l’assunzione di piccole quantità di farmaco sostitutivo. Ma non sempre va così.
Ho avuto la possibilità di conoscere in studio giovani donne la cui tiroide è stata del tutto asportata, che portano con sè cicatrici più grandi della mia, ma tanto forti e felici della vita.
Sottoponetevi una volta all’anno ad indagini ed esami, sopratutto in caso di familiarità. Niente scuse. Fate prevenzione, fatelo perché può cambiarvi la vita.